Avv. Alessandro Gallucci scrive…
Un condomino, per facilità di descrizione del fatto lo chiamiamo Tizio, fa causa al vicino, che chiamiamo Caio, il quale abita al piano superiore. Il motivo: quest’ultimo usa uno stenditoio che aggetta sul suo terrazzo sottostante. Posizionare i panni su quella struttura, al fine di farli asciugare, configurerebbe una servitù di stillicidio e Tizio ritiene questo fatto assolutamente illegittimo e quindi promuove un’azione giudiziaria contro Caio per ottenerne la rimozione. Caio si difende dicendo che quella struttura era presente fin dal momento della costruzione dello stabile: in sostanza a suo modo di vedere Tizio non poteva contestare uno stato di fatto consolidato da tempo e comunque consentito dal regolamento condominiale. In primo grado questa tesi viene accolta dal Tribunale. L’appello di Tizio ribalta l’esito del giudizio di merito: non può sussistere una servitù di stillicidio. Da qui il ricorso per Cassazione di Caio: con uno tra i vari motivi di un articolo ricorso ” denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di legge, sostenendo che la Corte di Appello ha fatto erronea applicazione della disposizione dettata dall’art. 908 c.c., che vieta ai proprietari degli edifici di assoggettare il fondo inferiore allo scolo delle acque, laddove la fattispecie avrebbe dovuto essere inquadrata nell’ambito dell’art. 844 c.c., relativo alle asserite ma non provate immissioni”.
Secondo la Cassazione “ il motivo è manifestamente infondato, avendo i giudici di merito correttamente qualificato come actio negatoria servitutis la domanda attrice, con la quale, come si evince dalla esposizione in fatto della vicenda processuale contenuta nella sentenza impugnata (v. pag. 2), la (…) aveva chiesto la condanna della convenuta alla eliminazione dei due stenditoi installati sulle finestre dell’appartamento sovrastante, "costituenti servitù di stillicidio a carico del proprio immobile l’azione con la quale il proprietario di una terrazza chiede la rimozione di uno stenditoio, collocato nel confinante edificio ed aggettante sulla terrazza stessa con conseguenti immissioni (nella specie, "gocciolio di panni e creazione di ombra"), deve essere qualificata come negatoria servitutis, ai sensi dell’art. 949 c.c., implicando i fatti posti in essere dal vicino l’affermazione di un diritto di natura reale sulla terrazza, il cui esercizio per il tempo prescritto dalla legge potrebbe comportare l’acquisto per usucapione della servitù (Cass. 30-3-1989 n. 1561). Qualora, pertanto, la parte agisca in giudizio per ottenere la rimozione degli stenditoi abusivamente apposti dai proprietari degli appartamenti sovrastanti al suo alle proprie balconate e la conseguente cessazione dello sgocciolio sul terrazzo antistante al proprio appartamento, la disciplina applicabile è quella della actio negatoria servitutis e il giudice, nell’esercizio del suo potere di qualificazione della domanda, non può inquadrare la fattispecie nella disciplina delle immissioni, la quale è fondata su presupposti di fatto diversi da quelli dedotti dall’attore (Cass. 6-12-1978 n. 5772)" (Cass. 16 agosto 2012, n. 14547) .