L’ avviso di convocazione dell’assemblea deve concedere almeno 5 giorni “liberi” fra il suo ricevimento e l’adunanza, e va comunicato con uno dei mezzi elencati tassativamente (conf. Trib. Genova 23/10/2014 n. 3350) dal novellato comma 3 dell’art. 66 disp. att. (norma inderogabile), che include fra gli altri il “servizio postale ” e la “consegna a mani “. Per l’impugnazione della delibera da parte degli assenti in assemblea il termine è di 30 giorni (a pena di decadenza) da quando ricevono la “comunicazione” della delibera stessa (art. 1137 cod. civ.), usualmente contenuta nella copia del verbale che viene inviato (a differenza del suddetto “avviso”) con piena libertà di scelta dei mezzi.
La data di effettiva conoscenza di tali documenti è, quindi, di estrema importanza per i diritti che vi sono connessi; e va individuata in base alla regola generale dell’art. 1335 cod. civ. per il quale ogni dichiarazione si presume conosciuta quando giunge all’indirizzo del destinatario, a meno che questi non dimostri la sua “incolpevole impossibilità” di averne avuta notizia.
Uso del servizio postale e assenza del destinatario
Nell’uso del servizio postale, ed in assenza del destinatario, i giudici avevano sempre fatto coincidere il momento della conoscenza con l’immissione nella cassetta del relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale (ex multis Cass. 3/11/2016, n. 22311), che per i condòmini è la data di decorrenza dei suddetti termini di 5 o di 30 giorni.
A ribaltare questo orientamento interviene ora, e proprio per l’impugnazione della delibera, ma con evidente valore generale, la sentenza fortemente innovativa di Cass. 14/12/2016 n. 25791.
Secondo la Corte, non può ritenersi avverata la presunzione di conoscenza con il semplice avviso di deposito, che non contiene alcuna indicazione sui contenuti della lettera; e d’altra parte, ancorare il momento della comunicazione al ritiro dell’atto depositato significherebbe rimettere ingiustamente al mero arbitrio del destinatario la scelta del momento da cui far decorrere il termine per l’impugnazione.
La composizione dei contrapposti interessi in gioco (del mittente e del destinatario) spetta al legislatore, ma nessuna norma del regolamento postale individua il momento in cui si debba ritenere pervenuto al destinatario un atto depositato presso l’ufficio postale.
La soluzione, allora, va trovata “adattando” al caso, per analogia, la regola sulla notificazione degli atti giudiziari dettata dall’art. 8, 4° comma, legge n. 890/1982, con il risultato che “la comunicazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”.
Le conseguenze di un tale principio, applicabile a qualunque comunicazione per posta, sono un allungamento dei tempi, sia per la riunione assembleare, sia per l’impugnazione, posto che il condòmino avrà dieci giorni in più per agire in giudizio e l’amministratore dovrà prudentemente aumentare dello stesso periodo il consueto intervallo che stabiliva per la convocazione.
Va ricordato che la suddetta procedura opera solo quando risultino assenti, oltre al destinatario, anche le altre persone abilitate per legge alla ricezione, quali i membri e collaboratori del nucleo familiare, i conviventi, il portiere (art. 26 Decreto Ministero Sviluppo Economico 1° ottobre 2008).
Proprio la figura del portiere gioca un ruolo molto importante anche nell’altro sistema di comunicazione all’inizio indicato, che merita un breve cenno.
La consegna a mani, introdotta dal legislatore della riforma, senza ulteriori precisazioni, con l‘art. 66/3° cit. per l’avviso di convocazione, è ammissibile anche per la trasmissione della delibera agli effetti dell’art. 1137 cit. Secondo una prassi largamente diffusa, negli edifici dove esiste il portiere l’amministratore affida allo stesso il compito di distribuire ai condòmini le copie dell’avviso di convocazione e del verbale (che di solito è inviato a tutti, anche se già presenti in assemblea), facendo apporre contestuale data e firma per ricevuta su una distinta.
La giurisprudenza ha già avuto modo di occuparsene, ritenendo valida la firma “per ricevuta convocazione dell’assemblea” apposta su un foglio predisposto dall’ amministratore (Cass. 28/1/1995 n. 1033; Trib. Bari 12/2/2014 n. 766).
Può sorgere problema se un condòmino assente con tutto il suo nucleo familiare non ha avuto la diligenza di lasciare al portiere i dati di reperibilità per le più varie esigenze (quali ad es., nel condominio, l’imminenza della periodica assemblea ordinaria o l’imprevedibilità di quella straordinaria o lo scontato arrivo di copia del verbale con la delibera).
Poiché l’attività condominiale non può bloccarsi (l’assemblea deve svolgersi e le delibere vanno eseguite anche se non definitive), il ventaglio dei possibili sbocchi, nell’attesa che la giurisprudenza sciolga questi nodi, potrebbe così delinearsi:
a) considerare avvenuta la comunicazione per la colpevole negligenza dell’assente ai sensi dell’art. 1335 cit., con il rischio però di una sconfessione in sede giudiziale;
b) inviare nuovamente, da parte dell’amministratore, il plico all’interessato a mezzo Raccomandata A. R. con applicazione dei dettati di Cass. 25791/2016 sopra richiamata: è il sistema forse più sicuro a filo di diritto, ma la procedura richiede un’ulteriore attività amministrativa e vanifica per tutti gli altri condòmini il beneficio temporale della effettuata consegna a mani;
c) utilizzare la funzione del portiere: questi è tenuto per contratto alla distribuzione della corrispondenza, è coinvolto ufficialmente dalla legge per la notifica di atti a mezzo posta (art. 7, L. n. 890/82, cit.) e per quella a mani proprie (art. 139 cod. proc. civ.), è persona abilitata a ricevere tutti gli invii postali (art. 26 Decreto MISE del 2008, sopra cit.), in definitiva viene a configurare un ufficio dell’amministratore nel condominio (Cass. ord. 29/12/2016 n. 27352). Pertanto, la semplice consegna dell’atto al portiere, nella specifica qualità e funzione, realizzerebbe il requisito della ricezione da parte del condòmino assente.
È utile ricordare che, secondo una lontana pronuncia di merito, “non è necessario che l’avviso sia materialmente consegnato a mani del singolo condòmino ma è sufficiente che sia stato recapitato nella sua sfera di conoscibilità, cioè sia pervenuto a persone che, per i loro rapporti con il destinatario o per causa di ufficio, siano tenuti a farne consegna” (Trib. Milano 2/4/1992). L’assunto può valere anche nell’attuale regime di tassatività delle forme (che comunque non esiste per l’invio del verbale), sia per le ragioni sopra accennate, sia perchè l’art. 66/3° d.a. citato parla di “consegna a mani” non “a mani proprie “.