Appalto interno: le responsabilità dell’amministratore
Annullata dalla Cassazione la sentenza nei confronti di un amministratore condominiale condannato per aver commesso violazioni in qualità di committente di un appalto interno assegnato mediante delibera assembleare. A cura di G. Porreca.
Con riferimento al caso di un amministratore condominiale, condannato dal Tribunale per non avere adempiuto agli obblighi posti a carico del committente di cui all’art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. relativo alla sicurezza nei lavori affidati in appalto o con contratto d’opera nell’ambito della propria azienda e che ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione, quest’ultima ha messo in evidenza che il giudice di merito avrebbe dovuto considerare che l’imputato aveva agito nella peculiare qualità di amministratore di un condominio e che l’appalto dei lavori da eseguire nell’ambito del condominio era stato deciso ed assegnato mediante una delibera dell’assemblea condominiale alla quale l’amministratore stesso era vincolato ed alla quale era tenuto a dare concreta attuazione. La suprema Corte pertanto ha ritenuto di annullare la sentenza con rinvio degli atti al Tribunale di provenienza affinché rivedesse la posizione dell’imputato e valutasse sia la effettiva autonomia della quale disponeva che i poteri decisionali allo stesso concretamente attribuiti.
Non si ritiene di condividere in verità questa volta un paio di considerazioni che hanno portato la suprema Corte ad annullare la sentenza del Tribunale. La prima riguarda l’applicazione del citato art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. che ha fissato degli obblighi non a carico di qualsiasi committente ma di un committente che è anche datore di lavoro di un’azienda all’interno della quale devono essere eseguiti i lavori affidati in appalto e l’altra riguardante la individuazione della figura del committente in un condominio che, così come anche sostenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali nella circolare n. 28 del 5/3/1997 e rispondendo ad alcuni quesiti formulati in data 19/4/2010 dall’ANACI, è da individuare, indipendentemente da altri fattori, nell’amministratore condominiale in qualità di rappresentante del condominio medesimo.
Il caso ed il ricorso in Cassazione.
Il Tribunale ha condannato un amministratore condominiale alla pena dell’ammenda ritenendolo responsabile del reato di cui agli artt. 26, comma 1, lett a) e b) del D. Lgs. n. 81/2008, per avere nella qualità affidato i lavori di abbattimento di una pianta di rilevanti dimensioni ubicata all’interno del giardino condominiale senza verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice e per non avere verificato detta idoneità, anche mediante l’acquisizione di autocertificazione, in relazione alla pregressa esperienza lavorativa acquisita ed in relazione alla disponibilità dei dipendenti e di idonee attrezzature da lavoro nonché per non aver fornito ai soggetti incaricati dell’esecuzione dell’intervento dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui erano chiamati ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza adottate dal condominio e responsabile altresì del reato di cui agli artt. 26 comma 2, lett. a) e b) dello stesso D. Lgs. n. 81/2008 per avere, nelle medesime qualità, omesso di provvedere a cooperare con il datore dell’impresa appaltatrice all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e per avere omesso altresì di coordinare, attraverso la reciproca informazione, gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi dovuti alle interferenze tra i lavoratori coinvolti nell’esecuzione dell’opera appaltata.
Avverso la sentenza di condanna inflitta dal Tribunale l’amministratore condominiale ha proposto ricorso per cassazione adducendo come primo motivo la violazione di legge ponendo in evidenza di non aver mai preso parte all’esecuzione delle opere né di essersi in alcun modo ingerito nell’organizzazione, nella direzione e nell’esecuzione delle stesse, agendo pertanto quale mero committente che ha concesso l’appalto alla società che poi ha materialmente provveduto, avvalendosi di terzi, all’abbattimento della pianta senza pertanto assumere la posizione di «datore di lavoro» erroneamente attribuitagli dal Tribunale. Lo stesso ha aggiunto che il ruolo da esso svolto non coincideva con la definizione di «datore di lavoro» di cui all’art. 2 del D. Lgs. 81/2008, che non poteva neppure aver assunto per il fatto che dal condominio dallo stesso amministrato dipendesse un portiere che il giudice del merito, attraverso una mera presunzione, aveva ritenuto un partecipante attivo all’intervento appaltato.
Con un secondo motivo di ricorso l’amministratore condominiale ha lamentato il vizio di motivazione rilevando che le considerazioni svolte dal giudice del merito sarebbero risultate illogiche in quanto frutto di una erronea lettura delle disposizioni applicate e per avere il Tribunale attribuitogli l’inosservanza di obblighi antinfortunistici nonostante il suo ruolo di mero committente.
Le decisioni della Corte di Cassazione.
Il ricorso è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione fondato. La stessa ha ricordato che l’art. 26, comma 1, lett. a) e b) del D. Lgs. n. 81/2008, prevede specifici obblighi connessi ai contratti di appalto e prevede, in particolare, quello più attinente al procedimento in esame, l’obbligo di verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice in relazione ai lavori da affidare mediante acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato e mediante l’acquisizione dell’autocertifìcazione da parte dell’impresa appaltatrice del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale nonché l’obbligo di fornire agli incaricati dell’esecuzione dei lavori le informazioni sugli specifici rischi esistenti nell’ambiente di lavoro e sulle misure dei prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. Ha posto inoltre in evidenza la suprema Corte che il comma 2 dello stesso articolo 26 ha stabilito ulteriormente, nelle lettere a) e b). che i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori, devono cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e devono coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze che possono correre tutti i lavoratori coinvolti nell’esecuzione dell’opera complessiva.
E proprio l’inosservanza di tali disposizioni che è stata contestata all’imputato il quale, tuttavia, pur non contestando la natura del rapporto intervenuto con la ditta appaltatrice, ha negata la propria responsabilità affermando di non aver avuto alcuna ingerenza nell’esecuzione dei lavori e di non poter essere considerato «datore di lavoro» ai sensi dell’art. 2 del medesimo D Lgs. Secondo quanto sostenuto dalla Sez. III “il committente, nell’affidare i lavori all’appaltatore, non è automaticamente esonerato dell’osservare le norme di sicurezza che avrebbe necessariamente dovuto applicare in caso di diretta esecuzione dell’intervento, continuando a gravare anche sulla sua persona, seppure entro certi limiti, il debito di sicurezza verso i lavoratori impegnati nell’esecuzione delle opere appaltate” e la circostanza della non ingerenza non aveva avuto nessun valore poiché l’oggetto dell’imputazione aveva riguardato l’inosservanza di doveri che esulano dalle concrete modalità di esecuzione dell’intervento quali i doveri di informazione e cooperazione propri di colui che affida i lavori in appalto.
In altre parole ha proseguito la suprema Corte “è pacifico che, in base alla richiamata disciplina, l’amministratore di un condominio assuma la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente all’organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio stesso ma, in caso di affidamento in appalto di dette opere, tale evenienza non lo esonera completamente da qualsivoglia obbligo, ben potendo egli assumere, in determinate circostanze, la posizione di committente ed essere, come tale, tenuto quanto meno all’osservanza di ciò che è stabilito dall’art. 26 d.lgs. 81\2008”.
In merito poi alla contestazione fatta all’amministratore condominiale di aver affidato i lavori di abbattimento della pianta senza avere provveduto ad accertare l’ idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice con le modalità previste dall’art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008 e di non avere adempiuto agli obblighi di informazione, collaborazione e cooperazione pure imposti dalla medesima disposizione, la Corte di Cassazione ha sostenuto che “nell’attribuire tale posizione di garanzia all’imputato, il giudice del merito avrebbe dovuto considerare, però, che lo stesso ha agito nella peculiare qualità di amministratore di un condominio” e che, secondo quanto è risultato dagli accertamenti, “l’appalto dei lavori era stato deciso ed assegnato mediante delibera dell’assemblea condominiale alla quale l’amministratore, ad essa vincolato, era tenuto a dare concreta attuazione”, circostanza considerata di decisivo rilievo quest’ultima ai fini dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato “non potendosi prescindere dal ruolo effettivamente svolto dall’amministratore nella stipulazione del contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l’ambito di autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali concretamente attribuiti”.
Nell’annullare quindi la sentenza di condanna emessa dal Tribunale con rinvio degli atti allo stesso affinché procedesse, attenendosi ai principi di diritto formulati, ad una ulteriore valutazione della condotta posta in essere dall’imputato, la suprema Corte ha concluso sostenendo che “il Tribunale avrebbe dovuto, poi, accertare la effettiva riconducibilità dell’attività espletata alle fattispecie contemplate dalle disposizioni precedentemente richiamate”.
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