Amministratore di condominio e revoca giudiziale, il procedimento in tribunale è un affare tra lui e chi lo vuole cacciare
L’amministratore di condominio deve partecipare personalmente al procedimento giudiziale con il quale si chiede la sua revoca e per farlo non deve chiedere l’autorizzazione all’assemblea, anzi in casi del genere l’assise è sprovvista di alcun potere d‘intervento anche se le conseguenze negative del comportamento dell’amministratore si riverberano sulla compagine stesse. Parola di Cassazione (sent. 22 ottobre 2013 n. 23955).
Nulla di nuovo rispetto al passato ed anche se la sentenza riguarda un caso precedente l’entrata in vigore della così detta riforma del condominio, i principi espressi sono rispecchiati nel nuovo art. 64 disp. att. c.c.
Come dire: anche su questa materia la legge n. 220/2012 piuttosto che riformare, s’è limitata a recepire gli orientamenti giurisprudenziali.
Che cos’ha detto, specificamente, la Suprema Corte di Cassazione?
“Quanto alla posizione del condominio e all’estensione ad esso del favore delle spese, va osservato, invece, che questa Corte ha avuto modo di affermare che nel giudizio promosso da alcuni condomini, per la revoca dell’amministratore per violazione del mandato, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l’amministratore e non il condominio il quale non è tenuto nè ad autorizzare nè a ratificare la resistenza in giudizio dell’amministratore medesimo trattandosi di ipotesi estranea a quelle previste negli artt. 1130 e 1131 c.c., e ciò malgrado le ripercussioni nei confronti del condominio degli effetti della pronuncia giudiziale (Cass. nn. 8837/99, 12636/95 e 1274/89)”.
Il procedimento di revoca e la riforma
La legge n. 220/2012, ai più nota come riforma, è intervenuta anche sull’art. 64 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
La norma appena citata, nella sua versione attualmente in vigore, recita:
Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.
Due le parti del procedimento:
l’amministratore;
chi ne vuole la revoca.
Su quest’ultimo punto è bene svolgere una considerazione: unico soggetto legittimato a chiedere la revoca dell’amministratore è il condomino, ossia chi è titolare d’un diritto reale sull’unità immobiliare ubicata nel condominio.
L’amministratore può difendersi ed a lui o al condomino ricorrente (nel caso di provvedimento ad esso favorevole, insomma di rigetto della richiesta di revoca) spetta il diritto d’impugnare il decreto motivato.
Il giudizio emesso in sede di Corte d’appello, infine, può essere impugnato davanti alla Corte di Cassazione ma solamente per i profili attinenti le spese processuali (Cfr. Cass. SS.UU. n. 20957/04).
In buona sostanza l’amministratore oltre ad essere revocato può anche essere tenuto a rimborsare le spese legali, ma anche i condomini possono andare incontro alla stessa conseguenza nel caso di rigetto della richiesta di revoca. Come dire: meglio non agire a cuor leggero.
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