Petrolio in volo a 139 dollari. Sospesi i futures a New York
Wall Street crolla e paga a caro prezzo il nuovo record toccato dal petrolio e l’aumento dei disoccupati negli Stati Uniti
Cari amici,
Il 25 maggio scorso, scrivevo che il prezzo del petrolio chiudeva la settimana a circa 132 dollari al barile.
Oggi, cioè una settimana dopo, il prezzo del barile si è incrementato di ben 7 dollari!
Leggendo l’ articolo pubblicato sulla Webpage del Sole 24 ore di oggi mi sembra di vedere una giostra che si muove a ritmi vorticosi, e, purtroppo chiari!
L’ economia americana è sull’ orlo di una crisi di sistema, che costringe la fed a tenere i tassi USA esageratamente bassi.
Pertanto il dollaro americano perde di valore progressivamente ed inesorabilmente, e contribuisce all’ aumento del prezzo del petrolio (che è quotato in dollari).
In aggiunta a questa situazione compromessa, la situazione politica internazionale è incerta e presenta difficoltà in diversi paesi produttori di “oro nero”.
Pertanto la situazione economica internazionale è confusa, incerta, e contraddittoria; ciò causa, a sua volta, incertezza nei mercati finanziari e valutari, che si abbatte sull’ Unione Europea causando la crescita incontrollata dei prezzi che tutti noi subiamo ogni giorno.
Che fare? Sinceramente non lo so!
Consiglio a tutti coloro che possono di creare legami sociali forti, che possono aiutare in futuro a creare reti solidali da opporre alla crisi economica che rende sempre più incerto il nostro futuro.
Il sole 24 ore
NEW YORK. Wall Street crolla e paga a caro prezzo il nuovo record toccato dal petrolio e l’aumento dei disoccupati negli Stati Uniti. La Borsa americana è caduta, seguita al ribasso anche dalle piazze europee, sotto i colpi di un’impennata di oltre dieci dollari del greggio, al record di 138,5 dollari al barile, davanti a nuove tensioni sull’Iran. E di un tasso dei senza lavoro negli Stati Uniti salito in maggio di mezzo punto percentuale al 5,5%, un balzo senza precedenti negli ultimi ventidue anni. L’indice Dow Jones ha perso il 3,13%, quasi 400 punti. Il Nasdaq e lo Standard & Poor’s 500 non sono stati da meno nella loro ritirata, bruciando a fine seduta rispettivamente il 2,96% e il 3,09 per cento.
Il terremoto sui mercati ha coinvolto il dollaro: la divisa americana è scesa a 1,5758 nei confronti dell’euro rispetto a 1,5599 giovedì. Lo scivolone del dollaro è stato aggravato dai commenti di Jean-Claude Trichet, numero uno della Banca centrale europea, sulla possibilità di aumentare i tassi di interesse fin dal mese prossimo.
L’Euribor a tre mese, il tasso di riferimento su cui si calcolano anche i rendimenti sui mutui, sale ai massinmi da più di sette anni: è salito al 4,967% dal 4,866% di giovedì, ai massimi dal dicembre 2000.
Questo mentre i dati negativi sull’occupazione americana hanno invece allontanato le ipotesi di rialzi da parte della Federal Reserve in autunno.
I mercati europei hanno scontato la paura. Il Dow Jones Stoxx 600 ha perso il 2%, scivolando ai minimi da metà aprile. Il CAC 40 francese ha ceduto il 2,3%, il tedesco DAX il 2% e il britannico FTSE 100 l’1,5 per cento. A Milano il Mibtel ha lasciato sul parterre il 2,16 per cento (-2,42% l’S&PMib). Tra i titoli in discesa sul Vecchio continente, L’Oreal e Royal Philips Electronic, British Airways e UBS. A New York il ventaglio di titoli sotto pressione, a loro volta, è andato da General Electric a Citigroup e AIG, leader di un settore finanziario già da tempo scosso dalla continua crisi dei mutui.
A scatenare il nervosismo degli investitori, da una costa all’altra dell’Atlantico, è stata anzitutto la nuova corsa dell’oro nero. Il rialzo di 10,75 dollari al barile ha stracciato il precedente record di rincaro, in dollari, in una sola seduta, stabilito soltanto giovedì con 5,49 dollari. E durante le contrattazioni ha raggiunto la soglia di 139,12 dollari. L’impennata è stata tale da causare una sospensione automatica degli scambi dei future sul New York Mercantile Exchange, un evento che non si verifica dal 1991. Il Nimex è stato costretto a raddoppiare i limiti di trading da 10 a 20 dollari. Il greggio, il cui rincaro è condizionato anche del declino del dollaro, è salito anzitutto sull’onda di dichiarazioni bellicose del ministro dei Trasporti israeliano Shaul Mofaz, che ha definito un attacco contro l’Iran “inevitabile” se Teheran non arresterà i programmi nucleari. L’Iran è il secondo produttore di greggio dell’Opec e un conflitto potrebbe far deragliare le forniture internazionali.
I pronostici degli analisti
Sulle quotazioni hanno inoltre pesato nuovi pronostici di rincari da parte degli analisti: Ole Slorer, di Morgan Stanley, ha scommesso su prezzi di 150 dollari al barile entro il 4 luglio, in riposta alla crescente domanda asiatica di energia. Quella data corrisponde, oltretutto, all’avvio dell’esodo estivo per gli americani e il caro-petrolio potrebbe creare serie difficoltà ai consumi, pilastro dell’economia americana che rappresenta i due terzi del Prodotto interno lordo, moltiplicando le paure di recessione. Già adesso i consumatori americani hanno frenato la spesa in risposta a prezzi delle benzina attorno ai quattro dollari al gallone.
Le tensioni geopolitiche
Le tensioni petrolifere sul palcoscenico mondiale hanno contagiato nelle ultime ore anche il Pakistan, aumentando ancora le preoccupazioni sui mercati: il quotidiano Financial Times ha rivelato che Islamabad ha chiesto di poter deferire il pagamento di una bolletta petrolifera da due miliardi di dollari. Una richiesta resa necessaria dal deterioramento della situazione economica nel paese e dal continuo incremento dei prezzi dell’oro nero.
Al rincaro del greggio si sono sommate altri rincari nelle commodities, dal mais all’argento. E la delusione per le condizioni dell’economia americana, che potrebbero essere aggravate dalle continue spirali di tensione. «Un simile balzo della disoccupazione rimarrà impresso sul mercato per lungo tempo» ha detto James Cordier, della Liberty Trading Group. Oltre al forte aumento del tasso di disoccupazione, in maggio l’economia ha perso posti di lavoro, 49.000, per il quinto mese consecutivo.
«Bisogna posizionare il portafoglio per un’economia sottotono», ha detto Greg Woodard, stratega di Manning & Napier. «Un recupero sarà una marcia di lungo periodo _ ha aggiunto Jack Malvey della Lehman Brothers _ È ormai in dubbio la tenuta di numerosi settori, compresi i servizi finanziari». Proprio Lehman è una delle società di recente sotto osservazione: la quarta banca d’investimento americana potrebbe essere esposta a perdite superiori al previsto nel bilancio atteso il 16 giugno. E ieri si sono diffuse voci che per tentare di rassicurare gli azionisti starebbe considerando di anticipare l’annuncio dei conti e di una raccolta di nuovi capitali. A dare conferma degli avvertimenti di molti operatori, inoltre, sono giunti gli indicatori della volatilità sul mercato, un barometro dell’incertezza: il VIX, indice del Chicago Board Options Exchange, ha registrato un aumento del 21%, il più significativo dallo scorso novembre. La prossima seduta di lunedì dimostrerà se quella di ieri è stata una caduta eccessiva oppure l’inizio di una nuova correzione al ribasso per Wall Street. il prezzo del petrolio ha chiuso la settimana a circa 132 dollari al barile.
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