Dopo gli ammanchi, sigilli ai contatori
Caso “Restera”, l’Ats in azione nelle palazzine morose per colpa di Artuso: tolta l’acqua in via Pozzobon. Trema la Ghirada
Bolletta non pagata? Ats taglia l’acqua. Ieri, dopo giorni di allarme generale, lo scandalo dei maxi ammanchi nei conti dei condomini amministrati dalla “Restera” di Roberto Artuso e dalla moglie Cristina Caodaglio è sfociata in un provvedimento netto, «inderogabile». I tecnici della società che gestisce l’acquedotto scorrendo la lista dei crediti della Restera hanno suonato in via Pozzobon 15 ed hanno messo i sigilli al contatore dell’acqua.
Addio acqua. Immediato l’allarme all’interno del palazzo, dove le sei famiglie residenti per anni hanno «sempre pagato regolarmente le bollette ad ogni richiesta dell’amministratore», oggi sostituito. «Noi non tagliamo l’acqua a nessuno indiscriminatamente» spiegano da Ats, «operiamo solo quando tutto il lungo percorso di riscossione del credito non porta a nulla».
Era il caso di via Pozzobon, dove il debito della Restera era datato, ma anche di altre posizioni legate alla gestione Artuso-Caodaglio che la società che gestisce l’acquedotto sta cercando di risolvere da tempo senza fortuna. Arriveranno altri piombi? Sì, e sono già partiti gli avvisi della società. Intanto, ieri, per risolvere l’emergenza di via Pozzobon è dovuto intervenire il nuovo gestore dello stabile che ha pagato e fatto staccare i sigilli.
L’allarme dilaga in Ghirada. Qualcuno la chiama, amaramente, l’ex «regno di Artuso & Co». In via Nascimben infatti la Restera era riuscita ad accaparrarsi la gestione di quasi tutti i condomini che fanno da anfiteatro alla strada. Artuso era amministratore del civico 8, del 10, del 12, ma anche di tutti quelli fino al 18. Un bell’affare calcolando che ogni palazzo è diviso in una decina almeno di appartamenti.
E oltre a quelli gestiva la depurazione e l’energia elettrica condominiale delle villette a schiera dove i residenti hanno dovuto sborsare di recente 50 euro a famiglia per evitare che giardini e vialetti rimanessero al buio visto che il conto non era stato pagato. Lì, in queste ore, è un susseguirsi di convocazioni di assemblee per fare il conto, analizzare il bilancio, verificare. Di certo di sono tutta una serie di bollette dell’acqua mai pagate. Ma potrebbero non essere l’unico buco nei conti dei vari condomìni dove la rabbia monta più dell’incredulità.
Sistema crollato a dicembre. L’ipotesi oggi è che una voragine così grande (oggi si quantifica in più di 300 mila euro), se verrà confermata, possa essere generata solo attraverso un sistema che prevedeva di ripianare alcune situazioni debitorie con i soldi di altri condomini, lasciando tutto il resto in «pagherò».
Un sistema che si poteva reggere solo su un equilibrio fiduciario e economico che pare sia saltato a dicembre 2014. È in quella data che l’assemblea di condominio di via Ronchese 19-21 chiede di vedere i conti, di capire, di «chiedere il rapporto con il geometra», chiede l’intervento diretto di Ater. E pare che in quel periodo scoppi anche il “bubbone” di via Polacco, dove i condòmini si sono visti chiedere i soldi da chi a aveva fatto i lavori di tinteggiatura del palazzo visto che metà del conto – che loro pensavano già saldato– in realtà non era stato pagato. E poi a cascata.
Scontro Ater-Comune.
Chi non ha controllato? Chi doveva controllare? Tra l’agenzia dell’edilizia residenziale e Ca’ Sugana, entrambi proprietari di immobili gestiti dalla Restera, è scontro diretto. Dopo l’affondo del sindaco, che ha duramente strigliato Ater, gli uffici di via D’Annunzio hanno cercato di ricostruire quanto accaduto in via Ronchese dove gli inquilini avevano lanciato l’allarme due anni fa, in concomitanza con la prima indagine aperta ufficialmente su Artuso. «Era 14 novembre 2012, facemmo accertamento ma all’epoca l’operato di Artuso, neo amministratore, era impeccabile. Aveva anche recuperato dei crediti. Che potevamo fare? L’emergenza si è aperta solo a dicembre scorso e da lì abbiamo fatto partire gli accertamenti».
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