Il DL 83/2012, per chi rifiuta la proposta conciliativa, esclude l’indennizzo per l’eccessiva durata del processo
Nel DL 83/2012 (“Misure urgenti per la crescita del Paese”), contiene anche una disposizione sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali di cui al DLgs. 28/2010.
All’art. 55, comma 1, lett. a), n. 2, del decreto citato, infatti, all’interno delle disposizioni rivolte alle modifiche alla L. 24 marzo 2001 n. 89 (cosiddetta Legge Pinto), relativa all’equa riparazione per l’eccessiva durata dei processi, è stato escluso espressamente il riconoscimento dell’indennizzo in caso di mancata accettazione della proposta conciliativa.
L’art. 55 del DL 83/2012 fa parte di una serie di misure dettate in materia di Giustizia, insieme in particolare all’art. 54 sulle modifiche al sistema di impugnazione (si veda “Impugnazioni con filtro di ammissibilità” del 30 giugno), che il Governo ha inserito al capo VII, Titolo III del decreto, rivolte principalmente a contenere la spesa pubblica. L’obiettivo è razionalizzare il carico di lavoro ed evitare che la durata dei procedimenti dia luogo a sua volta a responsabilità dello Stato per violazione dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sotto i profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata.
Le norme vengono ad incidere sulla disciplina dei procedimenti relativi alle domande d’indennizzo, fissando misura del risarcimento e termini di fase e complessivi predeterminati e stabilendo precise cause di non indennizzabilità riconducibili soprattutto a condotte non diligenti, dilatorie o abusive della parte.
Le disposizioni si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal 30° giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Innanzitutto, il Governo ha stabilito che si intende rispettato il termine “ragionevole” se il processo non eccede la durata di 3 anni per il primo grado, 2 anni per il secondo grado e 1 anno per il giudizio di legittimità. Quanto al giudizio di esecuzione, il termine ragionevole viene stabilito in 3 anni, mentre per la procedura concorsuale il termine è di 6 anni. In ogni caso, si considera rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in maniera irrevocabile in un tempo non superiore a 6 anni (art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della L. 89/2001, così come inseriti dall’art. 55, comma 1, lett. a), n. 2 del DL 83/2012).
Il nuovo art. 2-bis della L. 89/2001 (introdotto dall’art. 55, comma 1, lett. b) del DL 83/2012), poi, determina un indennizzo tra i 500 euro ed i 1.500 euro, per ogni anno o frazione di anno superiore a 6 mesi, che ecceda il termine ragionevole di durata del processo, elencando gli elementi sulla base dei quali deve essere determinato l’ammontare dell’indennizzo (fra cui, comportamento del giudice e delle parti, natura degli interessi coinvolti).
Infine, il nuovo comma 2-quinquies dell’art. 2 della L. 89/2001 (introdotto dall’art. 55, comma 1, lett. a), n. 2, del DL 83/2012), stabilisce i casi di esclusione dell’indennizzo, prevedendo alla lett. c) il “caso di cui all’articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”.
Si tratta dell’ipotesi in cui, esperito senza successo il tentativo di mediazione con formulazione di una proposta non accettata ed instaurato il giudizio, la decisione del giudice corrisponde interamente al contenuto della proposta stessa.
Con il nuovo comma 2-quinquies della L. 89/2001, così, si amplia la sfera di applicazione dell’art. 13 del DLgs. 28/2010, aggravando la posizione di chi non accetta di conciliare ed escludendo tale parte dalla possibilità di accedere all’equo indennizzo per la irragionevole durata del processo.
A carico dello stesso erano già previste le seguenti conseguenze: esclusione da parte del giudice della ripetizione delle spese sostenute, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo e ad una sanzione pecuniaria corrispondente ad un importo pari al contributo unificato dovuto. Tali disposizioni si applicano anche alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto chiamato in mediazione.
Qualora, invece, vi sia parziale corrispondenza fra la proposta rifiutata e la decisione del giudice, la parte vincitrice può essere esclusa dalla ripetizione delle spese sostenute in mediazione (per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto), purché ricorrano gravi ed eccezionali ragioni. Tali ragioni devono risultare esplicitamente dalla motivazione della sentenza (art. 13, comma 2, del DLgs. 28/2010).
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