Erika B., la banchiera Robin Hood
che ripianava il rosso dei clienti
Era direttrice della filiale della VR Bank a Bornheim. Aiutava i clienti poveri concedendo scoperti sproporzionati. Condannata a 22 mesi con la condizionale
Cari amici,
La notizia che oggi ho tratto da Repubblica è interessante, perchè mette a nudo le dinamiche e le ipocrisie della nostra realtà economica.
Il fatto consiste in una direttrice di banca che prelevava fondi finanziari da clienti “ricchi” per affidarli a clienti “poveri”, poichè Erika intendeva aiutare le persone in difficoltà.
Le ipocrisie messe a nudo da questa storia, a mio giudizio, sono diverse:
1) Il “colpevole” non agiva a fine di lucro, ma per disinteressata volontà di aiutare il prossimo.
2) Il “colpevole” ha ritenuto che l’ “ingiustizia” derivante dal fatto che c’ è chi ha “troppo” e chi non ha “nulla” potesse essere in qualche modo compensata da un prestito forzoso che sarebbe stato restituito.
3) Il “colpevole” non ha colto la differenza tra “prestito” e “regalo”. Infatti, com’ è noto, chi ha bisogno di soldi per vivere, raramente poi trova i mezzi per restituire i prestiti. In economia vige salda la legge che recita come il proverbio “piove sul bagnato”.
4) Quanto bene potrebbero fare le persone “ricche” se agissero come Erika con i soldi propri? Quanto si potrebbe fare per colmare la differenza tra ricchi e poveri, se si formassero delle istituzioni finanziarie che potessero svolgere il servizio di Erika, ma legalmente e con il consenso dei “donatori”?
Erika mi fa sognare un futuro immaginario, in cui si formino degli equilibri politici che riescano a portare le risorse finanziarie laddove la gente ha bisogno di vivere e non ha nulla da dare in cambio.
Un mondo “al di là” delle logiche di mercato, in cui vivere diventi un diritto e non una conquista.
Mi piace che Erika sia stata condannata con la condizionale, e quindi non finirà in prigione.
Spero che qualcuno la aiuti a ripagare i debiti che ha creato e che deve pagare, ora che, a sua volta, anche lei si trova in una situazione di bisogno.
La repubblica
BERLINO – Come Robin Hood, rubava ai ricchi per aiutare i poveri. Ma è una donna e non un aitante cavaliere; non ha colpito nella mitica foresta di Sherwood bensì nei pressi della placida Bonn, l’ex capitale provvisoria della Repubblica federale. E il suo nemico non era lo spietato sceriffo di Nottingham ma invece la legge della democrazia tedesca. Adesso, scoperta e processata, è stata condannata non solo a restituire il maltolto andando praticamente sul lastrico, ma anche a ventidue mesi con la condizionale. Sembra il copione di un serial tragicomico, invece è realtà.
Questa è la storia di Erika B (il nome è stato cambiato per rispetto alle dure leggi sulla privacy), direttrice di una filiale della VR-Bank nei pressi di Bornheim, prospera cittadina a ovest di Bonn. Oggi Erika si dichiara pentita, dice di non capire cosa le è passato per la mente. Ma che voleva solo aiutare clienti poveri in difficoltà, e di persona non si è messa mai in tasca un centesimo.
Per il tribunale, presieduto dalla giovane, bionda giudice Susann Ulbert, non è stato facile arrivare al verdetto. “E’ stata una scelta difficile quella per arrivare a una condanna giusta”, dice la magistrato. “Da un lato siamo di fronte a gravi danni finanziari recati a persone, dall’altro si è trattato di un comportamento non dettato dalla ricerca dell’utile personale, quindi abbiamo affrontato un caso radicalmente diverso dai soliti”.
Dal 1990, Erika – oggi 62enne, taglie forti, vestita di scuro, così si è presentata in aula coprendosi il volto con un giornale davanti a fotoreporter e telecamere – era direttrice della filiale della VR Bank presso Bornheim. I clienti poveri con forte bisogno di denaro ma non in possesso delle credenziali e garanzie necessarie per ottenere fidi o crediti la impietosivano. E lei escogitò, per pietà e spirito di solidarietà umana, uno stratagemma per aiutarli. Concesse a moltissimi di loro crediti, fidi e scoperti assolutamente sproporzionati alle possibilità dei loro redditi, prelevando soldi dai conti di clienti ricchi. In tutto, la Robin Hood del Reno riuscì così ad aiutare i suoi clienti poveri per 7,6 milioni di euro. Poi dopo bonificava di nuovo i soldi sui conti dei legittimi proprietari. Ma in alcuni casi i soldi erano spariti dai conti dei clienti poveri, non c’era possibilità alcuna di restituirli. Per cui i clienti ricchi, svaligiati da ‘Erika-Robin Hood’, hanno perduto in totale, secondo Bild online (www. bild. de, cioè l’edizione online della Bild, il quotidiano popolare tedesco che è il più letto d’Europa) almeno 1,1 milioni di euro, svaniti al vento per sempre.
“La mia cliente non ha tratto alcun vantaggio personale dalla sua azione, lo ha fatto solo per provare pietà”, ha detto nella sua arringa l’avvocato difensore, Thomas Ohm. Probabilmente tutti lo credono anche nella piccola frazione di Bornheim dove Erika lavorava: un villaggio di millecinquecento abitanti dove tutti conoscono tutti. E dove forse la banchiera-Robin Hood per qualcuno era una leggenda segreta.
Ma nel mondo d’oggi, anche nella più liberale, pragmatica, solidale e flessibile democrazia d’Europa, non è lecito rubare, neanche per aiutare i poveri. Adesso Erika che non si era mai messa in tasca un cent ha perso tutto: è stata licenziata in tronco dalla banca per cui aveva lavorato per una vita, vive con una pensione di appena 1000 euro lordi mensili, ha dovuto vendere case e polizze-vita per restituire i soldi andati in fumo con la sua ‘operazione Sherwood’. “I clienti venivano da me a chiedermi aiuto, erano gente che per le loro precarie condizioni economiche non avrebbero mai ottenuto un credito normale”. Così lei ebbe l’idea geniale e illegale per soccorrerli. “Oggi non posso più capire la mia me stessa di allora. Forse ero in preda a una Helfersyndrom”, la sindrome che ti fa provare un bisogno quasi patologico di aiutare il prossimo a tutti i costi. A volte anche far del bene si paga caro.
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