Chi si distacca continua a pagare le spese straordinarie
Il dubbio è senz’altro legittimo: ci si può staccare dall’impianto di riscaldamento condominiale dotandosi, di fatto, di un impianto di riscaldamento autonomo? Se ne è parlato a lungo e le risposte sono discordanti, ultimamente però, come emerge anche da alcune sentenze della Corte di Cassazione, sembrerebbe che l’operazione sia fattibile. Il problema del distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato per il passaggio al sistema autonomo, con il relativo esborso delle spese a cui il condomino dovrebbe essere sottoposto, non solo per i lavori che il distacco comporta, ma anche per le richieste di partecipazione che le assemblee condominiali avanzano al momento della istanza di distacco è molto controverso.
«Allo scopo di dare una chiara e, possibilmente, definitiva soluzione a detto dilemma – scrive sito specializzato riscaldamento-news.it – è necessario fare un excursus giurisprudenziale sull’evolversi del problema del riscaldamento.
LA NORMA In primo luogo poniamo l’attenzione su quanto disposto dall’art. 1118 del Codice Civile e precisamente al 2° comma, inderogabile: "Il condomino non può rinunziando al diritto sulle cose comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per loro conservazione". Ciò significa che, quando la propria unità immobiliare è collegata alla cosa comune, da questa non è possibile staccarsene.
D’altro canto le norme che disciplinano l’istituto condominiale sono conseguenzialmente collegate l’una all’altra da una reciprocità di diritti e di doveri comuni, proprio per salvaguardare il diritto di proprietà sia comune che esclusivo.
E se il codice civile con la norma inderogabile dell’art. 1118, precisa i diritti e i doveri in ordine alla proprietà comune in un edificio, l’art. 1119 c.c. afferma: "Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino".
Detto principio dell’impossibilità della rinuncia all’impianto centralizzato era stato ribadito dalla stessa Corte di Cassazione che aveva così statuito: "il distacco di una parte dell’impianto della centrale termica così come la creazione di un impianto autonomo di riscaldamento, concreta un’alterazione della cosa comune e non già una delle modifiche consentite dall’art. 1112 c.c., poiché in tal caso si altera la destinazione della cosa comune, snaturandola o impedendone o compromettendone la funzione che le è propria "Cass. 12.3.77 n. 1001. Col passare del tempo però, ed essendo il problema del distacco sempre più sentito, La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno porre un distinguo tra "conservazione" e " uso".
LA LEGGE 10/91 Anche il legislatore si è posto il problema di attuare delle leggi in merito e la più importante e indicativa è la ben conosciuta legge n.10/91, la quale ha stabilito dei principi fondamentali che come tutti ben sappiamo, hanno modificato lo stesso codice civile nella parte riguardante le maggioranze per deliberare l’abbandono dell’impianto centralizzato, modifiche che, ovviamente, sono state recepite anche dagli stessi magistrati, una di queste è evidenziata dall’art. 26 – 2° comma della legge in deroga all’art. 1120 e 1126 c.c. la quale stabilisce che la delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianto unifamiliare a gas, necessita delle quote millesimali e non richiede ai fini della sua validità, di essere accompagnata dal progetto delle opere corredato da una relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28 comma 1°, attenendo tale progetto alla successiva fase di esecuzione della delibera. In senso conforme si è espressa la Cass.del 25.5.01 n.7130.
La Suprema Corte ha infatti stabilito che è legittimo che un condomino possa distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, quando l’interessato dimostri che dal suo operato non derivino aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell’impianto, né squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio ( Cass.n.1775/98). Ma la stessa Corte, pur avendo statuito che d’ora in avanti il condomino può liberamente staccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, ha altresì sancito che questi sarà comunque tenuto al solo pagamento delle spese di conservazione dell’impianto e non di quelle inerenti alla ordinaria gestione, come il gasolio o la pulizia periodica del bruciatore.
LE ULTIME SENTENZE
La Corte di Cassazione è giunta a ciò dopo innumerevoli peripezie al fine di dipanare le ultime velleità dei fautori dell’impianto di riscaldamento centralizzato, che volevano a tutti costi porre a carico di colui che si distaccava le spese di gestione dell’impianto non più usato; ha ritenuto opportuno di non far gravare sugli altri condomini una maggiore spesa distinguendo il concetto di conservazione da quello dell’uso (Cass. N. 1214/96).
Infatti il condomino non può sottrarsi al contributo per le spese di conservazione, ma è anche vero che non sarebbe conforme al sistema imputare ai condomini le spese per l’uso delle cose, degli impianti e dei servizi, che essi non usano con l’avvenuto distacco. Per cui oggi si può finalmente affermare senza alcun dubbio, che un condomino si può distaccare dall’impianto centralizzato di riscaldamento senza specifica e preventiva autorizzazione del condominio, purché dimostri di non arrecare danno agli altri, mentre l’assemblea gli può imputare solo le spese inerenti alla conservazione dell’impianto (straordinaria manutenzione) e non già quelle afferenti ai consumi e alla ordinaria manutenzione».
http://www.lasettimanadisaronno.it/noti … 19027.html
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.